La recente emergenza sanitaria ha portato un gran parlare attorno al concetto di Smart Working, un tema sul quale a mio avviso c’è un discreto livello di confusione, sia proprio nel significato del termine, sia nei metodi e nelle tecnologie da adottare per la sua proficua messa in opera.
Come azienda siamo nati e dobbiamo, forse, buona parte del nostro successo proprio grazie a questa formula di lavoro, che adottiamo proficuamente già da prima della costituzione dell’azienda stessa. In questo momento di difficoltà, chiunque ne abbia le possibilità è chiamato a fornire il proprio contributo, per questo crediamo sia utile mettere a disposizione la nostra esperienza in questo ambito, al servizio di quanti vorranno approfittare di questo momento per trasformare il problema in opportunità, ed iniziare ad adottare, anche fuori dai confini dell’emergenza, questa formula di lavoro.
Avremo quindi il piacere, nei prossimi giorni, di pubblicare alcuni articoli sul tema, sempre in chiave estremamente pratica, la fine di fornire strumenti utili da applicare subito. Ovviamente è superfluo dire che non tutte le attività lavorative possono essere svolte in questa modalità, e che ogni tipo di attività ha specificità tali per cui questa pratica va sempre e comunque adattata all'esigenza specifica. I principi che cercheremo di fornire sono quelli più generali, ma non hanno la pretesa di essere validi in assoluto.
I temi che ci piacerebbe toccare sono prevalentemente di due tipi: quali sono le metodologie più adatte per rendere questa modalità di lavoro proficua, e quali sono i criteri con cui scegliere gli strumenti adatti alla propria esigenza.
In questa introduzione però vorremmo fare una analisi un po’ più di alto livello sul concetto di Smart Working, per fornire il nostro punto di vista sul tema.
Una definizione di Smart Working
Iniziamo a dare una definizione di Smart Working, o come viene anche definito, di Lavoro Agile. Con questi termini ci si riferisce ad una pratica di gestione del lavoro basata sulla flessibilità e l’autonomia del lavoratore, a cui si affida la scelta dei luoghi, dei tempi e degli strumenti da utilizzare per il raggiungimento degli obiettivi.
Il fatto di demandare al lavoratore la scelta del luogo di lavoro, che spesso coincide con la propria abitazione, assimila lo Smart Working al Telelavoro, o al Lavoro da Remoto o da Casa: vero ma solo in parte, nel senso che questi rappresentano una parte della pratica, che non si limita solamente a questo aspetto. Infatti le pratiche di Smart Working non escludono momenti di lavoro più “tradizionale”. Smart significa letteralmente “intelligente”, quindi tutte le modalità dovranno essere utilizzati in maniera intelligente e funzionale, ognuno secondo i propri punti di forza.
La nostra esperienza
Curiosamente, proprio questo aspetto di decentramento dell’attività lavorativa, della perdita di importanza di una sede unica e centralizzata, rendeva fino a qualche tempo fa questa pratica non un merito ma piuttosto un’onta, almeno in alcuni ambienti estremamente “istituzionalizzati”.
Anche nella nostra esperienza, non è stato raro che manager di grandi realtà gestite in modo tradizionale, per valutare la nostra azienda, ci chiedesse dove si trovava la nostra sede, quanto fosse grande, e quante persone ci lavorassero: alla nostra onesta risposta di prediligere lo Smart Working, siamo stati spesso giudicati male e portati, a volte, ad essere in imbarazzo nel dichiarare le nostre modalità operative.
E proprio la pratica che tempo addietro ci ha visto in imbarazzo e in dissonanza con consuetudini di lavoro più tradizionali, è oggi fonte di successo e di più facile sopravvivenza in un momento in cui, a differenza di altri, siamo arrivati pronti all'esigenza. Singolare, no?
Comunque, a parte qualche carezzina per l’ego, possiamo dire che la nostra esperienza di Smart Working ci ha insegnato che tale pratica è più complessa da impiantare di quanto si possa pensare, non è solo: “da domani si lavora tutti da casa” e ciao, non solo implica una profonda ristrutturazione dei metodi di lavoro, ma richiede un radicale cambiamento di atteggiamento a livello umano: il rapporto con i collaboratori non può essere basato sul dubbio, sulla necessità di controllo e verifica che ognuno stia facendo quello che dichiara di fare, ma si deve impiantare una vera e propria cultura della fiducia, che spesso poco appartiene alle logiche aziendali: il manager assume che il lavoratore che ha in carico una determinata attività la svolgerà al meglio delle sue possibilità, quindi con gli strumenti più adatti, nei momenti e nei luoghi più appropriati, nel tempo più congruo. E viceversa fra lavoratore e manager.
Questo è a nostro avviso il primo elemento da tenere in considerazione quando ci si vuole avvicinare a tale pratica, ed è forse, per la nostra esperienza, il principio che ne può determinare il reale successo. E proprio per questo motivo è il primo punto su cui abbiamo voluto mettere l’attenzione. L’approccio etico resta sempre, secondo noi, vincente a prescindere.
Le tematiche metodologiche ci stanno particolarmente a cuore, e continueremo presto su questo argomento. Vedremo in dettagli come rivedere le consuetudini quotidiane alla luce della nuova modalità, come cambiare i criteri di organizzazione spostando i soggetti di alcune valutazioni, come organizzare al meglio gli orari, gli spazi e gli strumenti.
Se hai domande specifiche sul tema, scrivici tramite i contatti diretti o i social, e cercheremo di rispondere secondo la nostra esperienza. Se nel frattempo vuoi intraprendere oppure ottimizzare la pratica dello Smart Working anche nella tua azienda, puoi contattarci per studiare insieme le soluzioni più adatte alla tua realtà.